Cari sacerdoti, care comunità,
avverto il desiderio di farmi presente con un breve scritto, nella prossimità del nuovo anno liturgico, per accompagnarmi al cammino di tutti, con un affetto particolare per i malati, le persone
anziane e coloro che stanno vivendo la prova della pandemia, con una fatica e sofferenza crescente.
Sappiamo i sentimenti che ci hanno attraversato nei mesi scorsi: a questi sono subentrati quelli ispirati al desiderio e alla necessità di riprendere il cammino.
Ciò che mi ha ispirato maggiormente nel periodo caratterizzato dall ‘ attesa della “seconda ondata” è stata la consapevolezza della coralità della prova, della esigenza di “servire la vita dove la vita accade” e del forte appello evangelico “Vegliate e state pronti”.
Forse, l’istintiva voglia di “tirare il fiato” ci ha fatto un poco dimenticare, probabilmente solo in apparenza, ciò che abbiamo vissuto e che ci siamo promessi. Ora l’evidenza dei numeri, il timore e la crescita effettiva di contagiati, malati anche gravi, e defunti, ci ha messo davanti alla severità della situazione.
Siamo consapevoli che le condizioni di particolare fragilità, rappresentate in modo speciale dagli anziani, ma non solo, meritano una cura particolare: penso ai malati gravi o con diminuite possibilità di cura, alle persone portatrici di disabilità le più diverse, ai malati psichiatrici …
Se, in questo momento, la nostra Diocesi sembra meno violentemente attraversata della “seconda ondata”, i problemi di natura sociale, determinati, e ora aggravati dalle necessarie restrizioni, crescono di giorno in giorno, come pure la preoccupazione sempre più seria in ordine alla perdita del lavoro e alla sostenibilità delle imprese, particolarmente quelle di dimensioni più ridotte come pure quelle del commercio e del turismo.
Tutto questo alimenta sentimenti, di depressione, di sconforto e di rabbia, soprattutto di divisione, ostilità e diffidenza, non solo nei confronti di coloro che hanno responsabilità a livello di governo nelle sue diverse articolazioni, ma anche nei confronti di coloro che si trovano nelle medesime condizioni o in condizioni meno problematiche. Per altro, è triste il dover riconoscere che alcuni, senza alcuno scrupolo e sensibilità al bene comune, cerchino semplicemente di approfittare e avvantaggiare se stessi e la propria parte.
Ancora una volta desidero esprimere profonda riconoscenza e sostegno nella preghiera e nella stima comunitaria a tutto il personale sanitario e di assistenza e a coloro che si adoperano nei servizi essenziali, anche i più umili. Una particolare attenzione, desidero rappresentarla e alimentarla nei confronti del mondo della scuola, che ancora una volta rivela il suo ruolo fondamentale nella vita sociale del nostro Paese e nella prospettiva educativa che apre al futuro delle nuove generazioni.
Tutto questo si accompagna ad una serie di disposizioni di legge, ultima delle quali il DCPM che è entrato in vigore venerdì 6 novembre: rientrando nelle regioni contrassegnate dalla massima
intensità, le misure previste sono particolarmente stringenti.
Come avete potuto leggere nel DCPM, le celebrazioni con partecipazione dell ‘assemblea e quindi anche le celebrazioni di prime comunioni e cresime, non sono vietate, ma vanno ricondotte a criteri di prudenza e sobrietà (niente manifestazioni esterne, niente corali, segni di varia natura, foto di gruppo, assembramenti prima e dopo, feste che non siano strettamente domestiche).
Per ragioni dettate dalla prudenza e dalla condivisione con le limitazioni che lavoratori e famiglie, scuola e attività imprenditoriali stanno subendo, abbiamo stabilito la chiusura provvisoria degli oratori e la sospensione della catechesi in presenza.
Alla luce di quello che sta avvenendo e che potrà avvenire, desidero offrire alle comunità cristiane alcuni elementi di riflessione.
Il primo è rappresentato dal convincimento, rafforzato dalla prova, che la missione della Chiesa continua, anzi è ancor più necessaria, per il bene di tutti. Abbiamo sperimentato che se la cura del corpo del malato è indilazionabile, non lo è meno quella dello spirito.
Il secondo: nella missione della Chiesa, devono prevalere logiche unitive. A fronte di sentimenti di rabbia e lacerazione sociale, la Chiesa si mette al servizio di dinamiche di fraternità che non
escludano nessuno, particolarmente i più deboli, dimenticati, scartati. Siamo consapevoli di non essere in possesso di soluzioni immediatamente efficaci, ma rimaniamo convinti che la strada della condivisione cordiale, contribuisce ad individuarle come un bene per tutti. Come non lasciar riecheggiare l’incipit di Gaudium et Spes, che dà il “la” agli atteggiamenti che debbono caratterizzare la missione della Chiesa: “Le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce degli uomini d’oggi, dei poveri soprattutto e di tutti coloro che soffrono, sono pure le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce dei discepoli di Cristo, e nulla Vi è di genuinamente umano che non trovi eco nel loro cuore”.
Il terzo: le vie della Chiesa sono l’ascolto della Parola, la preghiera in tutte le sue forme e la carità. Mai l’una senza le altre.
Desidero raccomandare la carità della “porta accanto”: la prossimità nelle modalità possibili, l’aiuto concreto e la risposta ai bisogni fondamentali dei più deboli, la cura e sostegno delle relazioni familiari e tra famiglie, il coinvolgimento dei giovani, il sostegno economico a situazioni di deficit insostenibile … In questi mesi abbiamo assistito a espressioni di solidarietà rappresentate da parrocchie, comuni, istituzioni, associazioni e dalla grande forza del volontariato organizzato. Non possiamo che benedire il Signore per tutto questo. Ma insieme all’organizzazione, è proprio del sentimento cristiano aver cura, del nostro “vicino”, del “prossimo quotidiano”, di coloro che non sono in condizioni di emergenza, ma hanno bisogno come noi, di sentire la forza di una comunità non solo determinata nell’emergenza, ma resistente nei giorni che passano. “Servire la vita dove la vita accade” appunto.
Desidero infine raccomandare la preghiera, cominciando da quella che nasce dall’ascolto della Parola e del fratello e poi la preghiera personale, familiare, comunitaria. La possibilità di celebrare deve essere sostenuta dalla ricchezza di significati che questa condizioni particolare ci permette di evidenziare. Non dimentichiamo la devozione mariana e popolare. A tutte le comunità chiedo di disporsi all’adorazione eucaristica, nel tempo della pandemia, nella solennità di Cristo Re e Signore dell’universo. Considero particolarmente adatta la sussidiazione prodotta dalla collaborazione degli Uffici di Curia e chiedo che le famiglie, in particolare, lo adottino in preparazione al Natale.
Ritengo che questo tempo, nel segno dell’incertezza e della precarietà, non sia favorevole a scelte pastorali radicali e definitive: si tratta piuttosto di alimentare le ragioni e gli atteggiamenti
fondamentali che possono ispirarle. I criteri che ho indicato nella lettera pastorale, possono contribuire a questo discernimento.
Sono alcuni pensieri che si accompagnano al mio affetto, alla Benedizione e alla Parola del Signore che risuona oggi più intensa: “State pronti”.
+ Francesco
oratorio.osiosopra
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